La Corte di Cassazione con una recente pronuncia ritorna sulla questione inerente alla sopravvivenza della contestazione, e dunque della successiva condanna, dell’illecito dipendente da reato ad una Società a responsabilità limitata che, nelle more del procedimento penale, si estingue per cancellazione dal registro delle imprese.
I Supremi Giudici della quarta sezione, tra l’altro, tramite la sentenza n. 9006 pubblicata il 17 marzo 2022 (ud. 2 febbraio 2022) hanno avuto modo di enunciare il seguente principio di diritto:
“la cancellazione dal registro delle imprese della società alla quale si contesti (nel processo penale che si celebra anche nei confronti delle persone fisiche imputate con violazione della disciplina infortunistica) la violazione dell’art. 25 – septies, comma 3, del D. lgs. 8 giugno 2001, n. 231 in relazione al reato di cui all’art. 590 cod. pen., che si assume commesso nell’interesse e a vantaggio dell’ente, non determina l’estinzione dell’illecito alla stessa addebitato”
Il Fatto
Una società emiliana-romagnola operante nel settore edile veniva condannata dalla Corte di appello di Bologna per il reato di cui all’art. 25 septies, comma 3, perché, avendo omesso di mettere a disposizione di un loro dipendente attrezzatura idonea e specifica formazione, questi si infortunava cadendo e riportando lesioni personali durante i lavori di montaggio di pannelli isolanti sulla parte esterna di un edificio. Il fatto (omissivo) di reato si è ritenuto fosse realizzato nell’interesse e a vantaggio dell’ente.
Per il medesimo fatto venivano condannate le persone fisiche, amministratori e rappresentanti dell’impresa, per il reato presupposto di cui all’art. 590 c.p. (lesioni personali colpose derivante dall’inosservanza delle norme poste a tutela dell’integrità sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro).
La pronuncia è importante perché in contrasto con un’altra emessa dalla Cassazione stessa solo nel 2019
La Suprema Corte nella parte motiva della sentenza prende atto di come una passata pronuncia, della seconda sezione, esprimesse un orientamento diverso e opposto statuendo, in quel caso, l’esclusione della responsabilità di una Società che veniva cancellata dal registro delle imprese (Sentenza n. 41082 del 10.09.2019).
Quel provvedimento aveva statuito, infatti, che l’estinzione, fisiologica e non fraudolenta (come nel caso derivante dalla cancellazione dal registro imprese a seguito di chiusura della procedura fallimentare), fosse assimilabile alla morte dell’imputato con la conseguenza che veniva annullata senza rinvio la sentenza di condanna impugnata con l’effetto di ritenere inutili e superflui ulteriori accertamenti a carico dell’ente.
La decisione veniva sorretta, in particolare, dall’argomentazione secondo la quale il testo del decreto legislativo disciplina espressamente le conseguenze inerenti alle vicende modificative dell’ente come la trasformazione, la fusione e la scissione (art. 70 e ss.) ma non la cancellazione. In questo modo si riteneva che ad operare fosse la regola contenuta nell’art. 35 dello stesso secondo la quale “all’ente si applicano le disposizioni processuali relative all’imputato”.
Il ribaltamento operato dalla sentenza in esame
Nella pronuncia in esame oggi, invece, la quarta sezione ribalta questo approdo per un ordine di ragioni riassumibile nei seguenti punti.
La mancanza nel testo della “Legge 231” di una espressa previsione inerente all’estinzione della Società imputata non comporta l’automatico accostamento alla morte della persona fisica perché:
- le cause estintive dei reati sono notoriamente un “numero chiuso” non estensibile;
- se il legislatore avesse inteso operare un accostamento lo avrebbe fatto espressamente (come nei casi dell’amnistia o della prescrizione);
- le Sezioni Unite (Sentenza n. 11170 del 25.09.2014) hanno già avuto modo di esprimersi, con particolare riferimento alla dichiarazione di fallimento di una società, statuendo che essa non determina l’estinzione dell’illecito amministrativo prevista dal D. Lgs. n. 231/2001 dunque non si comprende perché applicare una ratio diversa per la cancellazione.
Rischio di una responsabilità 231 “abnorme”? La necessità di un modello 231 “consapevole”
Ad una prima riflessione su questa pronuncia appare evidente, a umile parere di chi scrive, che la “colpa in organizzazione” espressa dall’impianto del “Decreto 231” sia con maggiore frequenza interpretata dai giudici nel senso di essere in grado di penetrare sempre più in profondità lo schermo della personalità giuridica. Un’affermazione di colpevolezza che porterebbe però al punto di partenza, in quanto potrebbe configurarsi un trasferimento della (ulteriore) responsabilità in capo ai soci con il rischio di eludere la natura pubblicistica del processo penale seguendo la logica del processo civile e, soprattutto, che possa paventarsi una violazione del “ne bis in idem” : nel caso in cui per quei fatti, di cui al reato presupposto, gli stessi soci siano stati comunque condannati.
Allora anche nella logica di costruzione del modello 231, esso ha una maggiore valenza se di tali aspetti e dei relativi rischi i soggetti apicali ne sono pienamente consapevoli.
L’articolo intende accompagnare alla lettura dell’ultima importante sentenza della Cassazione in tema 231 che ribalta un procedente orientamento sulla responsabilità di una SRL cancellata.